domenica 20 ottobre 2013

Giovani Ribelli - Kill your darlings

Ben Foster, Daniel Radcliffe, Dane DeHaan


1943 - 1945. Mentre le truppe americane sono in Europa a combattere Hitler, in patria ci si prepara a conquistare il mondo con le armi della conoscenza.

Nelle aule della prestigiosa Columbia University di New York tre giovani si incontrano e si riconoscono: si chiamano Allen Ginsberg, Jack Kerouac e William  Burroughs.
Insieme scriveranno un'ampia pagina della storia della letteratura americana del XXº secolo.
Raccontare un periodo così sfuggente e anarchico è impresa che richiede una certa dose di incoscienza.
E John Krokidas è un emergente un po' incosciente.
Nessun cineasta esperto avrebbe infatti scelto Daniel Radcliffe per il ruolo di Ginsberg:  capisco che il fantasma di Harry Potter sia un'entità difficile da scrollarsi di dosso ma il giovane ex mago non è pronto per dare spessore a un poeta omosessuale e tossicodipendente, padre fondatore della Beat Generation insieme ad altri due visionari un po' disadattati.
Radcliffe è goffo, timido, legnoso e nelle sequenze movimentate ci si aspetta che tiri fuori la bacchetta magica e urli «Stupeficium!»
La sua iniziazione al sesso, lungi dall'essere un'esperienza passionale o quantomeno catartica, diventa lo specchio della drammatica fine di un'altra relazione.
Inemendabile come le sue lacrime di glicerina.

Jack Huston è lo sfuggente Kerouac. L'autore di «On the road» lo avremmo voluto più bastardo, più irrequieto di quanto non appaia qui, dove si intenerisce come una pulzella quando un frustrato David Kammerer (interpretato da un lamentoso Michael C. Hall) tenta di assassinargli il gatto.
Essere il nipote di John Huston non basta per riempire lo schermo.

Burroughs ha le sembianze di Ben Foster e neppure lui trasuda anticonformismo e zolfo. Beve, fuma, si droga con qualunque cosa somigli a una droga ma manca di convinzione, non sembra avere veramente bisogno di fare quello che fa. 

Discorso diverso per l'unico non scrittore del gruppo: Lucien Carr.
Carr non è mai diventato un romanziere ma è stato colui che ha innescato la miccia.
Bello, manipolatore, fragile e crudele: l'attore Dane DeHaan ci restituisce un ragazzo perso e perdente, sofferente e ammaliatore.
Tutti i personaggi in qualche modo ne dipendono, se ne innamorano, si lasciano usare da lui.
Carr è l'amante sazio di David, che invece lo perseguita. La relazione consunta sfocerà in tragedia, trasformando il gruppo di ragazzi in adulti con l'amaro in bocca.

Krokidas perde l'occasione di fare un film duro e puro e si limita a illustrare con una fotografia perfettina e una regia banale e patinata un momento che patinato non era.
L'idea di rendere le donne figure di contorno e quasi di disturbo a questo mondo che è maschile senza essere maschio è buona, ma non viene sviluppata.
Molti aspetti dei personaggi reali vengono ignorati e la nascita di uno dei movimenti artistici più significativi del secolo breve si perde nel conformismo. 
Peccato... ma la rivoluzione esistenziale non può essere mostrata con le stesse luci che si userebbero per un film di James Ivory.

Nota di merito per la colonna sonora: accanto al bellissimo swing degli anni quaranta, il leit motiv della follia di Lucien (oltre che della madre di Ginsberg) è inaspettatamente affidato alle prime battute del terzo movimento della Sinfonia n.3 in Fa maggiore  di Johannes Brahms.