venerdì 29 marzo 2013

La Frode

Richard Gere


Nessuna azione è priva di conseguenze.
Occorre essere pronti a pagare il prezzo dei propri errori.
Non sempre il castigo che segue al delitto è quello che ci si aspetterebbe.

La Frode, scritto e diretto dal trentatreenne Nicholas Jarecki, è un thriller ambientato nelle atmosfere ovattate dell'alta finanza newyorchese.
In quel mondo patinato e perfetto, dove filantropia e cupidigia convivono sotto lo stesso trench, non ci sono innocenti e tutti perseguono un fine, senza curarsi di quanto sia ignobile il mezzo per arrivarci.

Richard Gere è Robert Miller, un tycoon all'apice del successo, che ha un'invidiabile famiglia, immensi privilegi e un'amante francese, bella e cocainomane: nella settimana del suo sessantesimo compleanno, durante un'importante transazione d'affari, il Fato cambierà per sempre la sua vita.
Tim Roth è un poliziotto ambizioso e sarà lo strumento di cui si servirà il Destino per rimescolare le carte.
Susan Sarandon è una moglie tradita che coglierà l'irripetibile occasione offertale dal Caso.
Laetitia Casta è la donna nel posto sbagliato al momento sbagliato (e vittima in primo luogo di un doppiaggio atroce).

Narrato come una moderna parabola, il film è asciutto e in certi momenti rimanda a Wall Street di Oliver Stone, con le stesse luci fredde e le riprese campo lungo/controcampo.
Richard Gere è bravo, anzi molto bravo e presumo abbia in soffitta un ritratto che si deteriora al suo posto. La maturità dona al suo aspetto e anche alla sua recitazione, tempo dieci anni e potrebbe stupirci con un Oscar.
Roth ricalca la propria interpretazione nella serie Lie to me ma riesce comunque a creare un personaggio respingente e per il quale non si tifa.
La Sarandon si diverte a fare la donna sofisticata e paziente che in silenzio tesse la sua tela mentre madamoiselle Casta, nella parte della fanciulla nevrotica e sensuale, si limita ad essere molto decorativa, dimenticandosi che un film non è un servizio di moda.
In questo gruppo rintrecciato c'è una terza donna: è Brooke, figlia di Robert e sua socia in affari, ben interpretata da una strabica fascinosa, Brit Marling.

La Frode spinge lo spettatore a riflettere sui temi della colpa, del tradimento, dell'innocenza e della verità: essendo defunti Pollack, Hitchcock, Bergman e anche Truffaut, non credo si possa chiedere molto di più al cinema d'oggi. 




venerdì 22 marzo 2013

Uomini da Evitare come il Botox (Parte III)



«Per abolire la prostituzione bisognerebbe abolire gli uomini»  Maria Teresa d'Asburgo

Qui siamo nel campo della pandemia e a questa categoria maschile è praticamente impossibile sfuggire, prima o poi arriva nella vita di tutte...

L'estimatore della peripatetica

La totalità delle signore giura che no, il proprio fidanzato/marito/amante non lo fa e la quasi totalità delle signore sbaglia, sapendo più o meno consciamente di sbagliare.

Il fascino della professionista è universale, eterno, ancestrale.
Ella tranquillizza il fragile ego degli XY come nient'altro al mondo perché nulla chiede, nulla pretende, tutto concede (contro giusta mercede) e per di più adula e blandisce.
Quale moglie/compagna/fidanzata può garantire altrettanto in qualunque momento?

Anni fa, dopo una love story finita a coltellate, frequentai sotto mentite spoglie un forum di escortisti.
Mi si aprì un mondo sconosciuto.
Scoprii che in giro c'erano uomini dai 18 ai 70 anni e oltre che descrivevano con maniacale precisione le prestazioni delle fanciulle in catalogo, con tanto di voti nelle varie sezioni e scambi di opinioni e consigli.
Erano studenti, impiegati, liberi professionisti, pensionati e perfino disoccupati (con cosa pagassero non si sa, visto che le signore in questione non fanno mai credito).
La cosa più stupefacente non era la trasversalità della pratica, (in gran parte si trattava di uomini con relazioni stabili, mogli, figli, nipoti), bensì l'aria di assoluta normalità e quotidianità che si respirava nelle alate conversazioni.
Nessun rimorso, nessun senso di colpa, nessuna preoccupazione per la salute della partner ufficiale da parte di uomini disposti a spendere 100 euro in più per avere rapporti non protetti.
Mi sforzai di capire cosa ci fosse dietro questo universo.
L'epoca nella quale le «brave ragazze» si mantenevano illibate per il marito e l'iniziazione sessuale maschile doveva passare dai bordelli era finita da 60 anni... Che cosa non era cambiato nel frattempo?
Il risultato delle mie indagini fu il seguente: gli usi e i costumi sessuali delle donne non hanno la minima importanza per gli uomini.
Semplicemente, loro cambiano per il gusto di cambiare e prediligono le prostitute perché con loro possono sentirsi uomini veri e possono esercitare un predominio assoluto e incontrastato a un costo ragionevole.
Bionda, bruna, rossa, alta, magra, formosa, efebica, giovane, matura, brasiliana, estone, cinese... Come la fiorentina dal macellaio, ogni volta tagliata secondo necessità. 
Ti attira una ragazza che porta la settima di reggiseno? Voilà! 
Oggi ti punge vaghezza della nordica alta 185 cm? Nessun problema. Mano al portafoglio e via, basta trovare una scusa con la legittima e fare attenzione alle tracce di DNA.

Ma analizziamo più da vicino il fenomeno.
Una escort (a differenza di una fidanzata) apprezza i tempi brevi o brevissimi di una prestazione sessuale, e un cliente disposto a sborsare centinaia di euro per un paio d'ore fatte soprattutto di chiacchiere, è una gallina dalle uova d'oro. 
Se le misure vitali del cliente sono modeste la signorina anziché risentirsi apprezza, poiché così non si stropiccia troppo la mercanzia. 
Una bella di giorno non si lamenta dell'aspetto fisico del cliente e per quanto lui possa risultare repellente, lei sorride stoica, pensando al fee.
Una professionista che si rispetti è sempre perfettamente in linea con i desideri dell'utenza e se piace a vossignoria può diventare qualunque cosa, dalla bambina con le treccine e l'orsacchiotto alla mistress con stivaloni e frustino, a volte nello stesso pomeriggio.
Una call girl non va conquistata, affascinata, intrigata: si mettono i soldi sul comodino e da quel momento qualunque sciocchezza esca dalla bocca del cliente viene trattata come l'oracolo di Delfi.
Quello che gli uomini preferiscono ignorare è che le mondane (in questo del tutto simili alle borghesi «perbene») sparlano senza pietà e non potrò mai dimenticare le risate che mi feci al telefono con una di loro che avevo contattato con una scusa.
Era una ex studentessa universitaria dotata di un sense of humour al vetriolo, che mi aveva divertita fino alle lacrime con le descrizioni di certi incontri (corredate ovviamente di nomi e cognomi, perché vorremo mica credere che siano anche discrete).
Diceva che gran parte dei suoi clienti, disposti a sganciare 1000 euro per averla una notte intera, erano dei patetici uomini di mezz'età dalla virilità discutibile, che si illudevano di procurarle fantastici orgasmi e che lei faceva costantemente sentire come dei superdotati stalloni, a cui avrebbe concesso i suoi favori anche senza regalie. Aggiungeva, con un filo di cinismo, che sicuramente le loro mogli si consolavano da tanta inadeguatezza con il maestro di tennis venticinquenne. Gratis. 
Le avevo chiesto cosa l'avesse spinta a scegliere questo business fra i tanti e la sua risposta era stata disarmante: «Le donne fanno del sesso mediocre e quando hanno finito devono rassettare la casa, far fare i compiti ai figli, correre al lavoro, per di più facendo attenzione a non sbattere le corna contro il soffitto. Io faccio del sesso mediocre e fra cinque anni avrò abbastanza denaro per trasferirmi all'estero e vivere quasi di rendita.»


Nota del redattore:
Le questioni etiche di questo argomento vastissimo e per certi aspetti molto doloroso, sono state qui volutamente ignorate.
Sono conscia che la sensibilità di alcune lettrici potrebbe esserne urtata, e me ne scuso. 




domenica 10 marzo 2013

Una Guerra Senza Vincitori





Nella settimana in cui il Presidente Barack Obama ha firmato il Violence Against Women Act, il periodico Internazionale ha dedicato la copertina alla piaga globale della violenza contro le donne. Rebecca Solnit, scrittrice statunitense di cui la casa editrice Fandango ha tradotto e pubblicato nel 2009 Un paradiso all'inferno, ci regala una panoramica agghiacciante sulla condizione femminile del XXIº secolo.
«In tutto il mondo le donne tra i quindici e i quarantaquattro anni hanno più probabilità di essere menomate o uccise dalla violenza maschile che dal cancro, la malaria, la guerra e gli incidenti automobilistici messi assieme». Sono le parole di Nicholas D. Kristof, giornalista del New York Times, due volte vincitore del Premio Pulitzer nonché una delle poche firme importanti ad occuparsi della questione.
Dagli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, all'India, all'Egitto, alla Cina gli stupri e gli omicidi di donne dall'infanzia all'età adulta si sono moltiplicati nell'indifferenza generale.
Gli organi di informazione si occupano soltanto dei casi più eclatanti o morbosi, lasciando cadere nel silenzio il destino di milioni di donne percosse, violentate e uccise spesso tra le pareti domestiche dai loro mariti, fidanzati o ex.
Negli USA ogni 6 minuti viene denunciato uno stupro, ogni nove secondi una donna viene picchiata e si calcola che le aggressioni siano due milioni all'anno (le ferite così riportate sono la prima causa di ricovero ospedaliero per mezzo milione di donne). Nel corso della propria vita una donna su cinque è vittima di una violenza o di un tentato stupro.
Nelle forze armate americane le soldatesse durante le missioni all'estero sono in balìa dei colleghi e dei superiori, spesso senza via di scampo quando si trovano a bordo delle unità navali. 
In India il fenomeno è endemico, ma se ne parla solo quando uno stupro di gruppo ai danni di una ragazzina su un autobus gremito fa aumentare lo share al telegiornale del prime time, perché la vittima è morta.
Nelle proteste di piazza in Egitto le giovani vengono circondate da gruppi di uomini, denudate e abusate sotto gli occhi di tutti, mentre a pochi metri di distanza si chiedono a gran voce giustizia e libertà.
In Inghilterra su 78.000 stupri stimati ogni anno ne vengono denunciati 16.000 (appena il 20%). Le donne tacciono per la paura di ritorsioni, per tutelare familiari e amici, perché ricevono pressioni esterne, perché temono una sentenza negativa, perché vogliono dimenticare.
In totale le condanne arrivano a poco più di mille l'anno.
Questo significa che nelle strade circolano liberamente migliaia di uomini violenti che purtroppo non sono riconoscibili da lontano.
Nel 2012 in Argentina, un paese che ha ancora una forte impronta patriarcale, gli omicidi di genere all'interno della famiglia sono stati cinque alla settimana. Una carneficina.
In Italia non va meglio, qui il delitto d'onore è un ricordo ancora fresco, il matrimonio riparatore una pratica di cui tutti abbiamo memoria e la legge che ha definitivamente archiviato il famigerato Codice Rocco, modificando il reato di stupro da delitto contro la morale pubblica a delitto contro la persona, è del 1996.
Leggi insufficienti, condanne lievi, nessuna protezione per le vittime, discriminazione sul posto di lavoro e soprattutto una assoluta mancanza di cultura del rispetto della donna fin dall'infanzia, hanno portato ad una situazione di emergenza mondiale.
L'inchiesta di Rebecca Solnit occupa 10 pagine, scritte volutamente con un linguaggio crudo, perché è ora di smetterla di usare eufemismi per descrivere la violenza, perché dobbiamo farla finita con la politica del controllo del corpo e della vita delle donne.
Essere abbordata per la strada da un uomo che crede di avere il diritto di accoltellarti a morte perché si sente respinto non è un problema delle donne. È un problema di diritti umani, di diritti civili, un'ingiustizia che ci riguarda tutti. 
Solnit fa una riflessione importante: i matrimoni gay sono ferocemente osteggiati dai conservatori per un unico motivo... si tratta di un'unione tra pari senza ruoli prestabiliti. 
I movimenti femministi sono visti come un tentativo di sottrarre agli uomini potere e privilegi, come se potesse esserci solo un vincitore.
In quanti Paesi lo stupro coniugale non è reato? 
Il Presidente Obama ha fatto un passo importante in questa direzione e il primo dovere degli uomini e delle donne che non vogliono chiudere gli occhi davanti a questa tragedia è quello di parlarne: ai bambini e alle bambine. 
Al primo spintone all'asilo, alla prima attenzione non richiesta al liceo, le ragazze devono sapere, senza se e senza ma che nessuno, mai, in nessun luogo e per nessuna ragione ha il diritto di accampare pretese sul nostro corpo e sulla nostra volontà.  
Senza questa consapevolezza non possono esserci libertà e giustizia. Per nessuno di noi. 

sabato 9 marzo 2013

Upside Down

Kirsten Dunst e Jim Sturgess


L'amore è talmente raro e trovarlo è così difficile che qualche volta bisogna andare a cercarlo in un altro mondo.

Upside Down narra la favola di due pianeti tanto vicini da potersi toccare e uniti da una doppia gravitazione. Le leggi fisiche che governano i due mondi impediscono ai rispettivi abitanti di mescolarsi tra loro, poiché tutta la materia viene attratta inesorabilmente verso il centro di gravità del pianeta da cui proviene. 
Come in ogni fiaba che si rispetti, i potenti del Mondo di Sopra sfruttano senza pietà le risorse dei derelitti del Mondo di Sotto.
Ed è qui che fanno irruzione Romeo e Giulietta.

Adam è un ragazzino del mondo depredato che vive in un orfanotrofio.
Eden è una bambina bionda e bellissima che abita nel ricco pianeta dove splende sempre il sole.
I due si incontrano ai confini tra le rispettive nuvole e fatalmente si innamorano; altrettanto fatalmente vengono separati e Adam trascorrerà dieci anni della propria vita nella convinzione che Eden sia morta. Quando scoprirà la verità sfiderà le leggi dell'universo per ritrovare il suo paradiso.

Upside Down ammicca a Metropolis di Fritz Lang, senza avere la presunzione di avvicinarsi a un tale capolavoro.
Juan Solanas, autore della sceneggiatura oltre che regista, costruisce un mondo (anzi due) sovvertendo i principi della fisica; effetti speciali e scenografie sono al servizio di una metafora sulla trascendenza dell'amore che non è appesantita da troppa retorica.
I cieli tempestosi, le montagne e le foreste immerse in una luce irreale, la sala da ballo in cui si danza tanto sul soffitto quanto sul pavimento, gli uffici spersonalizzanti di Transworld (la società che gestisce i rapporti tra sotto e sopra) sono allegorie del destino avverso, della ricerca del Graal, dei pericoli che l'inseguimento della felicità porta sempre con sé.
Jim Sturgess è l'impavido Adam, cacciato lontano dal suo paradiso e disposto a tutto pur di riaverlo. Spettinatissimo per tutto il film, anche quando è in giacca e cravatta, impersona il moderno cavaliere senza macchia con una certa baldanza e in alcuni momenti riesce ad essere esilarante. 
Eden ha le deliziose fattezze di Kirsten Dunst, l'unica attrice di Hollywood a non essersi raddrizzata i denti e ad avere perciò un sorriso autentico. Chiamarsi Paradiso può risultare impegnativo per molte ma per lei, che ha tenuto testa a quel disadattato di Spiderman, sarà stata una passeggiata. Qui è una fanciulla bellissima senza memoria del suo amato che sogna spesso una felicità perduta ma che non esiterà, una volta destata dal suo sonno, a battersi con coraggio per ritrovare Adam e per dar vita con lui ad un universo differente.
Timothy Spall, attore britannico già interprete di Otello e Macbeth a teatro, recentemente ammirato nei panni di Churchill ne Il discorso del re, è il nume tutelare dei ragazzi innamorati e sarà lui a escogitare la soluzione per il lieto fine.
Mitologia, Shakespeare, espressionismo. Solanas mescola molte suggestioni ma lo fa con leggerezza, aprendo alla speranza di un radioso futuro. E in questi tempi bui, come non essergli grati? 

  

martedì 5 marzo 2013

Noi Siamo Infinito

Logan Lerman

I giovani offrono grandi opportunità a chi li sa ascoltare.

Noi siamo infinito è un film che mai e poi mai sarei andata a vedere se non ci fosse stata di mezzo una ragazza a proporlo.
Senza avere visto il trailer, mi aspettavo un paio d'ore di cose già viste e già sentite condite da musica banale. 
E invece... 
Stephen Chbosky ha sceneggiato e diretto un proprio romanzo, trasformandolo in un affresco su quel mondo a volte incomprensibile in cui abitano i ragazzi ai tempi del liceo.

Logan Lerman è un attore che non conoscevo e che mi ha positivamente impressionata: dotato di uno sguardo intenso e di un sorriso contagioso, veste i panni di Charlie, un ragazzo introverso che convive con una famiglia distratta e che si ritrova catapultato nella nuova scuola senza uno straccio d'amico.
Charlie è ahilui molto intelligente, adora i libri e ha un vero talento per la scrittura; il suo professore di letteratura se ne accorge in fretta e sarà il primo a entrare in contatto con lo spirito inquieto del ragazzo. 
La volitiva Sam (Emma Watson) e il tenebroso Patrick (Ezra Miller) sono fratellastri e saranno loro a strappare Charlie alla crudele solitudine che solo gli adolescenti possono infliggere e infliggersi...
Intorno al trio gravitano personaggi molto divertenti e il film, ambientato all'inizio degli anni '90, ha un alto tasso di verità.
La Watson, spogliata dalle palandrane di Harry Potter, è bella senza essere appariscente e brava senza voler strafare nel far dimenticare il personaggio che le ha dato fama planetaria.
Credo che in futuro ci regalerà belle cose.
E poi c'è lui: Patrick, al secolo Ezra Miller. Come io possa averlo ignorato finora, non me lo spiego. Classe 1992 ma con una lunga esperienza alle spalle, anche come musicista, Miller impatta lo schermo in modo impressionante. Con un volto in cui si mescolano tratti orientali, arabi, persiani in un risultato visivo di raro fascino, il ragazzo recita benissimo, con una naturalezza da attore consumato. Nella scomoda parte di un gay che frequenta il macho della scuola, Miller sorride, ama, soffre con l'energia propria dei diciottenni.
Se non si perderà, sentiremo parlare di lui a lungo e bene.

Senza essere pretenzioso, senza voler scimmiottare altre pellicole blasonate, senza ammiccare a «O Capitano, mio Capitano!» Chbosky ci racconta una storia semplice, a tratti commovente e drammatica e la sostiene con una colonna sonora scelta con gusto infallibile nel rock e nel pop dei tardi anni '80.
In una conversazione tra Charlie e il professore si svela una frase che da sola paga il prezzo del biglietto: «Noi accettiamo l'amore che pensiamo di meritarci».

Ringrazio le due persone che mi hanno invitata alla proiezione. A volte noi quarantenni abbiamo bisogno di qualcuno che dia una spolverata ai nostri preconcetti.