domenica 30 dicembre 2012

William Shakespeare - Molto Rumore per Nulla -


A certe parole del Bardo non si vorrebbe credere, altre sono difficili da accettare, molte rimangono scolpite dentro e ci accompagnano per sempre.
Ma, invecchiando, si comprende che tutte sono tremendamente vere...

sabato 29 dicembre 2012

Propositi per l'Anno che Verrà



Impedire che una giornata di pioggia mi rovini l'umore.
Invece di continuare a pensare ad una persona cara, chiamarla per dirle ciao! In fondo nessuno è un medium.
Cominciare a pensare alle rughe come a delle avvedute consigliere, anziché trattarle come nemiche da battere.
Ascoltare attentamente i consigli delle signore ultrasessantenni in merito all'altro sesso. Se a vent'anni avessi fatto miei gli aforismi delle quarantacinquenni, mi sarei risparmiata un sacco di guai.
Smettere di essere austera, come una cara amica mi ha recentemente rammentato.
Esercitarsi nel dire almeno un No! al giorno. Mi è ormai chiaro che l'accondiscendenza non paga.
Ricordarsi che il tempo non è galantuomo.
Decidere, e in fretta, se sia preferibile ritrovarsi decrepita con molti rimpianti o con molti rimorsi, calcolando che in caso di morte prematura i rimorsi presuppongono maggiore divertimento.
Continuare a ballare come un'indemoniata quando nessuno guarda.
Viaggiare di più.
Tenere bene a mente che l'amore verso se stessi non è un difetto, né una colpa, né una debolezza.
Farla finita con l'idea delirante che gli esseri umani abbiano un margine di miglioramento.
Sorridere ogni volta che si incontrano i propri nemici: nulla li infastidisce maggiormente.
Lasciare la porta aperta alla serendipità.
Farsi ritrarre nuda da un grande fotografo.
Leggere un libro scritto da un autore sconosciuto, basandosi solo sul titolo.
Scrivere una storia d'amore in dieci parole.
Piangere almeno una volta.

Rassegnarsi al fatto che essere felici non sia poi così difficile.


mercoledì 26 dicembre 2012

Repetita Iuvant

Nel profilo che accompagna la presentazione di questo blog compare un'avvertenza per gli eventuali visitatori.
In essa viene chiaramente spiegato che non saranno pubblicati commenti che contengano insulti o nei quali venga utilizzato un linguaggio volgare. 
Questo avvertimento deve essere sfuggito al signor Francesco il quale, in merito alla mia recensione sull'opera La Traviata recentemente andata in scena a Napoli, si diffonde in epiteti veramente poco signorili.
Egregio signor Francesco, vorrei mettere in chiaro alcune cose: in primo luogo, questa è casa mia e fino a prova contraria, nei limiti del lecito, posso esprimere le opinioni che preferisco su qualunque argomento mi aggradi. Lei in compenso è un ospite e come tale dovrebbe comportarsi, visto che è stato lei a varcare la mia soglia (e non il contrario).
In secondo luogo, se a me l'opera in parte non è piaciuta, sono liberissima di esprimermi in tal senso e lei è altrettanto libero di dissentire, ma con i dovuti modi (che evidentemente le sono estranei).
Alla mia recensione, dura ma argomentata, lei ha da opporre solo insinuazioni malevole, prive di argomentazioni tecniche o che dimostrino una conoscenza approfondita della materia (e se mi permette un consiglio, al suo posto rivedrei anche la sintassi non proprio impeccabile). 
Se il contenuto di questa pagina non le piace, non la interessa, la disturba o la infastidisce ha a sua disposizione un antidoto semplicissimo: la lasci al suo destino e non legga oltre, in fondo ha meno lettori del Washington Post, tanto rumore non farà...

Lei mi suggerisce ripetutamente di vergognarmi di quello che ho scritto: ma per quanto mi sforzi non ne vedo il motivo. Del mio udito non posso davvero lamentarmi, mi serve fedelmente da sempre.
Lei dice che è da pazzi giudicare una regia teatrale guardandola in tv; le assicuro che se lei avesse una consuetudine di frequentazione di teatri lirici più che trentennale non lo direbbe.
Lei aggiunge che si trovava a teatro e che è stato un trionfo. Lei ha mai assistito a un vero trionfo? Per mia grande fortuna io sì e posso assicurarle che è tutt'altra cosa. Mi perdoni ma per un'opera come La Traviata un trionfo si traduce in decine di minuti di applausi, innumerevoli chiamate, lanci di fiori, applausi ritmati, standing ovation, grida di "Bravi!" e non certo nella visione di persone in piedi e di spalle pronte ad uscire dopo cinque minuti dalla fine dell'atto e a dispetto della claque...
Quello che io scrivo è facilmente documentabile, anche su Youtube, per chiunque non sia cieco e/o sordo.

Egregio signor Francesco, se avrà la gentilezza di scrivere un commento che contenga idee e opinioni e non puerili invettive, sarà mia cura pubblicarlo.
Diversamente, è perfettamente inutile che, con cadenza settimanale, lei continui a dirmi di vergognarmi; io non la pubblicherò e il suo alato pensiero perderà l'occasione di fare proseliti.
A lei la scelta.
Buonasera.



sabato 8 dicembre 2012

La Traviata, Ozpetek e la Regia Invisibile

Richard Gere e Julia Roberts 


Il Teatro San Carlo di Napoli ha aperto la stagione con l'opera verdiana per eccellenza: La Traviata.
Ne ha affidato la conduzione al maestro Michele Mariotti e la regia a Ferzan Ozpetek.
Interpreti principali: il soprano Carmen Giannattasio, il tenore Saimir Pirgu, il baritono Vladimir Stoyanov.
Le scene sono del premio Oscar Dante Ferretti e i costumi  sono di Alessandro Lai.
Sulla carta è uno spettacolo di alto livello e ad alto budget, considerate le professionalità coinvolte, ma le promesse spesso non vengono mantenute, neppure se pagate care.
Lo spettacolo, in diretta Euroradio e previsto per le 20.30, comincia con venti minuti abbondanti di ritardo e io posso solo immaginare i pensieri malevoli dei commentatori tedeschi, austriaci o svedesi rivolti alla puntualità dei teatri italiani...

Ho seguito la prima sul canale Classica della piattaforma Sky e quello che posso dire è che Dante Ferretti si merita tutti i riconoscimenti avuti nella sua lunga carriera. Le sue  stanze dannunziane (l'azione è stata spostata nel 1910) sono splendide. I broccati purpurei, l'oro, il magenta, i drappeggi preziosi, tutto si rifà alla passione per l'esotismo della Parigi di inizio secolo.
Ferretti lavora per sottrazione, dall'opulenza mortifera del primo atto via via fino alla spoliazione totale. Violetta muore sopra un letto circondato dal deserto e dai fantasmi della sua breve vita disgraziata.
Saimir Pirgu è un Alfredo giovane, avvenente, con una bella voce dai colori caldi e dal timbro squillante, che si dimostra scenicamente molto credibile e aderente al personaggio del giovin signore debosciato. Canta con convinzione e le inquadrature ravvicinate ce lo mostrano prima timido, poi sfrontato e felice e furibondo e infine addolorato.
Vladimir Stoyanov si conferma come il Giorgio Germont migliore ascoltato in questi anni. Crudele e misurato prima, evidentemente pentito nell'epilogo della tragedia. La voce ha un  bellissimo colore brunito ed è perfettamente appoggiata. La linea di canto è morbidissima. La dizione è impeccabile. I suoni smorzati e rotondi dell'aria Di Provenza sono commoventi e assai condivisibile è la scelta del direttore di aprire il taglio per eseguire sia la seconda strofa che la cabaletta.
E qui purtroppo finiscono i pregi della produzione.

Ferzan Ozpetek è il regista cinematografico prestato al teatro più evanescente e meno invasivo che si possa immaginare, nel senso che se voi prendete tre cantanti che abbiano già debuttato il ruolo e li lasciate fare a modo loro, il risultato ottenuto sarà più o meno lo stesso. Su quel palco non succede nulla che non si sia già visto e rivisto in altre produzioni: la scollatura di Violetta strappata da un iracondo Alfredo durante la festa a casa di Flora e i soldi gettati a pioggia sull'infelice cortigiana caduta a terra, l'accesso di tosse che insanguina la protagonista e il suo candido giaciglio nell'ultimo atto, gli andirivieni da film muto durante il dialogo con Germont padre... Dove sono le idee, sicuramente pagate a peso d'oro, di Ozpetek? Luchino Visconti aveva a disposizione la Callas, lo so, ma questa non è una buona scusa ed evocare improbabili collegamenti tra Verdi e Proust non è sufficiente a nascondere la mancanza di un vero progetto di regia.
Il Maestro Mariotti non "tiene" il palco. L'entrata del coro su Dell'invito trascorsa è già l'ora... è in evidente ritardo e indietro resterà per tutta la scena iniziale.
Il colore orchestrale vira verso la routine e nessuno spasimo, nessun rischio interpretativo vengono ad interrompere la noia dell'esecuzione. L'ingresso del direttore per il secondo atto viene buato sonoramente a dispetto della claque. Un compitino che merita dal 6/7 perché a Natale sono dolce e morbida come il torrone.
E veniamo al ruolo del titolo.
Carmen Giannattasio è una cantante che si sta facendo notare, anche perché non brilla per modestia. Durante un'intervista nei giorni precedenti il debutto, parlando del proprio ruolo ha affermato di non averlo mai ascoltato cantato da altre per non influenzare la propria interpretazione. Maddai! Se è vero siamo davanti ad una spocchiosa che crede di non avere niente da imparare dalle grandi cantanti che l'hanno preceduta, senza contare che dire una cosa del genere prima della prima significa andare a svegliare dal letargo millenario gli dèi della sfiga al gran completo. E infatti...
La signora Giannattasio si limita a cantare, con lo sguardo incollato al direttore, senza muovere un muscolo facciale per gran parte dell'opera. Dove sono i palpiti dell'innamoramento, lo strazio del sacrificio, l'umiliazione pubblica, la consapevolezza della morte imminente, la breve gioia che precede la fine? Le movenze sono quelle di una matrona, non quelle di una fanciulla di appena vent'anni. Lo sguardo è quello concentrato della cantante. Il personaggio non c'è.
La voce è quella di un lirico piuttosto scuro ed è sicuramente più adatta ad altri ruoli. Il da capo del Sempre libera viene eseguito ad un tempo sensibilmente più lento (per permetterle di sgranare le agilità?) e il mi bemolle della chiusa, troncato di netto, dice molto sulla vera natura della voce. 
Se la signora si fosse presa il disturbo di ascoltare una certa Maria Callas saprebbe come affrontare certe tessiture, ma purtroppo preferisce far da sé e il risultato non è all'altezza di tanta sicumera.
Il physique du rôle è quello di Santuzza e i costumi ampi, pur bellissimi, non contribuiscono a regalarle una silhouette emaciata. Insomma, questa Violetta scoppia letteralmente di salute e non fa nulla per nasconderlo.
Alla chiusura del sipario gli applausi sono tiepidi; vengono premiati giustamente i due Germont, per tutti gli altri un'uscita veloce con il pubblico già pronto per andare a cena, nonostante le luci in sala ancora spente.
A beneficio delle telecamere della ripresa audio video, grandi inchini e grandi sorrisi. 
Gli applausi scroscianti si possono aggiungere in sede di montaggio.

giovedì 6 dicembre 2012

Il Papa e Twitter. Meglio di Crozza

Papa Benedetto XVI


Che i consiliori di BXVI stessero perdendo colpi era evidente a molti, ma la notizia di questi giorni, il Papa su Twitter, è di quelle destinate a fare storia.
Con un'arroganza e una sicumera vecchie di un paio di millenni, Sua Severità ha preso la modernissima decisione di aprire un profilo sul social network più cool del momento.
Si sarà detto che uno come lui, dall'alto del suo soglio, ha tutto il diritto e anche il dovere di aprire quante più porte possibili agli omaggi da parte dei suoi fedeli.
E poi ci sono da battere Obama, Lady Gaga e Justin Bieber sul numero dei follower e siamo già in ritardo sui tempi.
#faiunadomandaalpapa è il temerario invito rivolto alle pecore twittatrici (sia detto senza offesa, è Lui che li definisce il suo gregge).
Il risultato di tanta apertura alla comunicazione avanguardista è stato una valanga, uno tsunami, un'eruzione vulcanica di battute salaci, rimproveri poco misericordiosi, domande degne di Groucho Marx e serissime invettive.
Se Sua Superiorità si aspettava complimenti, incoraggiamenti, preghiere, espressioni di solidarietà, ha avuto una sgradita sorpresa.
Io immagino già i suoi fedelissimi (sic!) segretari investiti dell'incombenza di cinguettare in nome e per conto di Sua Socievolezza: ritengo preferirebbero essere mandati in missione apostolica in mezzo alle tribù antropofaghe della Nuova Guinea.
«A questo che chiede perché non paghiamo l'Imu dobbiamo rispondergli le solite fregnacce?»
«A quest'altro che domanda se nella carbonara ci va la pancetta o il guanciale, che je dico?»
I casi sono due: o mettono in piedi una rete di finti entusiasti e al Supremo riferiscono solo di quella, oppure sono in grado di ricostruire tutta la rete mondiale di comunicazione «ad usum delphini» e la verità il #pontifex non la saprà mai.
D'altro canto ignorare tutte le domande scottanti rivelerebbe una certa debolezza ideologica, anche perché la scelta di mettersi in gioco così pericolosamente dovrebbe fare il paio con la capacità di dare risposte ironiche, intelligenti, sagaci.
Per non dire... Infallibili.

Lauren Bacall Tribute



Dinnanzi al sublime si tace.

mercoledì 5 dicembre 2012

Sesso dopo Cena? Dipende... parte II

Marilyn Monroe

Osservare il comportamento delle donne a tavola è ugualmente interessante e mi sono spesso chiesta se gli uomini in viaggio si dedichino mai a questo passatempo invece di giocare con l'iPhone.
Se fossi un uomo mi preoccuperei molto del rapporto donna - cibo, perché è sempre un indice infallibile del rapporto donna - sesso.
Per esempio, le donne perennemente a dieta che ordinano un'insalata scondita come antipasto e ne lasciano la metà, proseguono con una terrina vegetariana (che non contenga formaggio per carità!) e trattano la lista dei dolci come se fosse materiale radioattivo ben difficilmente si riveleranno adepte del Kamasutra.
La mortificazione del corpo include anche gli appetiti sessuali, inutile negarlo.
Inoltre, al pari dell'omologo modello maschile, le donne con l'ossessione del fisico a costo della fame si stenderanno in pose plastiche e penseranno tutto il tempo a come valorizzare la carrozzeria. Punto. C'è da dire che per molti uomini questo basta e avanza, ma non divaghiamo...
Discorso simile per le vegane a oltranza. Quelle che al solo sentir parlare di bistecche scolorano in volto e ti guardano con un misto di compassione e ribrezzo, quelle che considerano gli onnivori dei mentecatti crudeli, quelle che ti spiegano le ricette per il seitan e il tofu con l'entusiasmo di un tedesco per la birra, quelle che se ti invitano a cena ti preparano zuppa di alghe, sformato di barbabietole e ceci, insalata di germogli di soja e un dolce senza farina, senza burro, senza zucchero, senza uova, accompagnano il tutto con abbondanti tisane e poi magari si aspettano in cambio le prestazioni di un novello Siffredi che, come è noto, è un gran consumatore di carne. Rossa.
Se a una donna non piace la carne e non conosce la voluttà dell'affondare i denti in un croccante sfilatino debordante di culatello stagionato...  Che ne parliamo a fare?
Poi ci sono le principessine, quelle che sono cresciute con i gomiti saldati alla cassa toracica e maneggiano le posate come se fossero ferri chirurgici. Quelle che sbucciano la mela con forchetta e coltello, dissezionano il pollo da fare invidia al patologo di NCIS, fanno bocconi piccolissimi per non deformare le guance e sono capaci di eliminare il grasso dal prosciutto con la precisione di un raggio laser.
Quelle che giammai ti seguirebbero in campagna per mangiare un panino estemporaneo sedute sull'erba senza avere una coperta, un paio di cuscini, lo spray antizanzare, un antistaminico, molti tovagliolini e le salviettine detergenti.
Quelle che non vedrai mai sbronze, ma nemmeno alticce, perché una signorina non deve mai perdere il controllo di sé. Mai. Capito?
Ecco... queste principesse sul pisello ci stanno scomodissime e perciò cercano di non mettercisi se non è proprio indispensabile per la continuazione della specie.
Poi ci sono le altre, quelle che adorano il cibo cucinato con cura, quelle curiose di assaggiare qualunque stranezza culinaria, quelle che in viaggio provano di tutto e non rifiutano mai la seconda porzione, quelle che al ristorante ordinano dall'antipasto al dolce e prendono anche il vino da dessert. Quelle che non contano le calorie anche in vacanza e non si negano mai il salame. Ecco. Appunto.

martedì 4 dicembre 2012

Sesso dopo Cena? Dipende...

Frank Sinatra e Ava Gardner


Il cibo, in tutte le sue declinazioni, compresa la negazione dello stesso, è uno dei grandi protagonisti di questo deprimente periodo storico.
Da una parte il punitivo Dukan e le sue accolite con la mania della taglia zero che si nutrono di avena e altro becchime per uccelli, dall'altra Nigella Lawson e le sue seguaci che spadellano allegramente pancetta affumicata e uova strapazzate a qualunque ora, fingendo di non sapere cosa sia il colesterolo.
Ho sempre pensato che cucinare sia un gesto d'amore, di attenzione all'altro, un modo per dire mi importa di quello che ti piace e voglio dividerlo con te. Come a letto, luogo in cui i gusti del partner sono, o dovrebbero essere, fonte di ricerca e scoperta.
E proprio il filo diretto che unisce cibo ed eros è un argomento che trovo appassionante, anche perché, viaggiando spesso da sola e quindi consumando molti pasti solitari, ho sviluppato negli anni l'abitudine di sbirciare il rapporto con il cibo delle persone intorno a me.
Quello che segue è un elenco sparso di impressioni accumulate in viaggio...
Alla larga dagli uomini che, senza motivo, trangugiano una squisita pietanza come se fossero inseguiti dall'esercito di Gengis Khan: se hanno così fretta di terminare quello che dovrebbe essere un piacere, non oso pensare alle tempistiche orizzontali.
Giove pluvio ci scampi da quelli che si alzano da tavola a fumare tra una portata e l'altra: il loro palato abraso dalla nicotina non è in grado di distinguere un sontuoso roast beef preparato a regola d'arte da una simmenthal riscaldata nel microonde: dovremmo forse aspettarci appassionanti prestazioni papillifere?
Disseppelliamo il Concorde per fuggire più in fretta da quelli che ordinano verdure al vapore con pesce alla brace senza condimenti e acqua naturale: se non sono a dieta per evidente sovrappeso o malattie del ricambio, probabilmente avranno una notevole tartaruga addominale ma è esattamente sul mostrarvi quella che si concentreranno una volta spogliati, non su di voi.
Grazie, sono lusingata ma sono gay è la risposta da dare alle avances di quelli che parlano mentre masticano, usano lo stuzzicadenti a fine pasto, si passano la lingua sull'interno delle guance per stanare residui di torta dalle gengive: la mancanza di buone maniere a tavola fa sempre il paio con un atteggiamento trogloditico fra le lenzuola e che non si traduce mai in - Piacere Jane, io mi chiamo Tarzan e se mi seguirai nella mia capanna non te ne pentirai per il resto della vita - quanto piuttosto in un - Senti, stasera gioca il Milan ma se vuoi dalle  sette e quaranta alle otto possiamo darci dentro -
Da condannare alla castità forzata quelli che mangiano ad una lentezza esasperante, e rigirano il cibo nel piatto, facendolo a minuscoli pezzetti e intanto parlano, parlano, parlano... Caratteristica questa più femminile che maschile ma sommamente irritante in quanto suggerisce l'incapacità di concentrarsi su qualcosa per periodi abbastanza lunghi. Non so se capisco quello che dico...
Ma soprattutto e senza lasciarvi ingannare dalle apparenze, scappate a Samarcanda piuttosto che concedere le vostre grazie a quello che si siede dalla parte giusta rispetto a voi, accenna ad alzarsi se voi vi alzate, trasmette le ordinazioni al cameriere nell'ordine esatto, sceglie il vino più adatto al menù, è concentratissimo su ogni vostra espressione per cogliere il minimo cenno di disappunto, sincronizza i suoi ritmi di svuotamento piatto con i vostri e conclude facendo arrivare al tavolo una sorpresa racchiusa nel dessert.
Quello, se non ha almeno sessantacinque anni, non è un erede al trono, non fa Brummell di cognome, è uno che ha studiato la lezione e vi sta propinando un copione. Da qualche parte ha letto che è un metodo infallibile per far crollare la preda al primo incontro, secondo il metodo «minimo sforzo massimo risultato»
Una volta arrese ci si ritroverebbe in un abisso di noia e prevedibilità, dentro uno show alla sua ennesima replica.
Balbettate un - i frutti di mare devono avermi dato fastidio - e fatevi riaccompagnare a casa.

(Continua)





domenica 2 dicembre 2012

Yves Montand - Les Feuilles Mortes -



Una voce indimenticabile.
Una poesia immortale.
Una melodia sulla quale tutti, prima o poi, ci siamo innamorati.

Le Donne e il Porno. L'Ultima Frontiera



In questi giorni i francesi sono un autentico sollazzo per il mio spirito incupito dalla pioggia.
Dopo l'articolo uscito su Le Monde di cui ho già parlato, ecco la notizia shock del primo weekend di dicembre, divulgata a mezzo stampa dall'Istituto francese SFOP: quattro donne su cinque guardano film porno e, udite udite, la metà di loro lo fa senza il proprio partner accanto. Che dire, dopo il bosone di Higgs, certamente la scoperta più sconvolgente dell'anno.
Immagino gli studiosi che, in un mattino di primavera, fanno un brainstorming per decidere come impiegare quei fondi per la ricerca rimasti inutilizzati in fondo al cassetto.
Dopo mezz'ora di idee tipo "facciamo uno studio sugli squali per capire se attaccano di preferenza donne del Sagittario piuttosto che dei Pesci, così intanto ci facciamo un giro spesato ai tropici" ecco la trovata geniale: "facciamo un altro studio sul sesso".
Tutti accettano entusiasticamente per amore della scienza ma a quel punto trovare un argomento che non sia già stato saccheggiato, da Freud o da Vanity Fair, è un'impresa.
Improvvisamente, un lampo accecante di maschia intuizione squarcia l'oscurità.
"Le donne e i film porno".
Ma certo, chi si è mai occupato di sì scabroso anfratto della liliale sessualità femminile?
A parte le aspiranti pornostar e qualche femminista coi mustacchi, chi vuoi che maneggi materiale così sconveniente, orsù?
Tu scienziato, puoi forse immaginare tua moglie, tua sorella, tua figlia o tua madre (e qui il primo ricercatore viene colpito da un ictus) mentre infila un Rocco d'annata nello stesso lettore in cui la domenica i nipotini guardano i Teletubbies?
Ma il progresso della conoscenza non può essere indolore e così, spedito il suddetto ricercatore nel reparto psichiatrico con un T.S.O. i suoi colleghi cominciano a darsi da fare per raccogliere dati.
Che poi ci si chiede come facciano... al telefono per salvaguardare la privacy? Tramite questionario anonimo in memoria di Master & Johnson? Oppure scegliendo la via più rapida, cioè travestendosi da sacerdoti in un confessionale: "Quante volte figliola, e con chi e quali i titoli preferiti?"
Non so se anche la vostra biblioteca includa l'enfer; la mia sì e il Marchese de Sade, piuttosto che Diderot (esatto, quello dell'enciclopedia) sono ampiamente rappresentati.
Il Settecento rigurgita di illustrazioni di deliziose fanciulle in fiore che leggono con una mano sola...
Da sempre il proibito attira sciami di donne di ogni età ed estrazione sociale, da sempre le padrone e le servette hanno condiviso torbidi segreti.
Quando il signore del castello partiva per la guerra vogliamo pensare che i troubadours  di passaggio narrassero solo le gesta dell'unicorno? Ma dai!!!! Avranno avuto un ricco repertorio di storie piccanti per riscaldare la fantasia della castellana abbandonata e delle sue caste damigelle e peccato che sia andato tutto perduto, dico io.
Ogni epoca storica ha messo la tecnologia conquistata a disposizione dell'erotismo e tutti, più o meno nascostamente, ne hanno beneficiato.
E adesso che con un semplice clic si può accedere in perfetto anonimato a migliaia di ore di filmati per tutti i gusti, scopriamo che oh, mon dieu! anche le donne lo fanno.
Presto, qualcuno chiami quelli di Stoccolma. Per uno almeno dei premi Nobel non c'è più bisogno di cercare.

Mi piacerebbe qualche riscontro dalle lettrici di passaggio qui: in modo anonimo ovviamente.
Vorremo  mica ritrovarci degli ictus sulla coscienza...

Old Fashioned Sunday


Si detestavano. Prima di ogni sequenza lei masticava uno spicchio d'aglio per infastidirlo. Chi lo direbbe guardandoli danzare?