martedì 29 gennaio 2013

Alfred Hitchcock - Rebecca -


Io la signora Danvers un po' la comprendo, per non dire che la giustifico.
Joan Fontaine nella parte della signora De Winter è intollerabilmente lagnosa, tremebonda, incauta e senza spina dorsale, per quanto bellissima e meravigliosamente fotografata dal genio di Hitch.

Questa pellicola mi fa pensare ai matrimoni di Brad Pitt in ordine inverso...

lunedì 28 gennaio 2013

Django Unchained

Christoph Waltz, Jamie Foxx




Django Unchained è un film fatto per coloro che vanno matti per gli spaghetti western e per quelli che invece amano Shakespeare.
Se, per contro, vi divertono le carneficine splatter in nome della giustizia, non rimarrete delusi: troverete mattanze in puro stile Tarantino, fotografate magnificamente.
Questa pellicola è probabilmente la cosa migliore che il cineasta più snobbato dall'Academy abbia mai realizzato. 
Django mette insieme Sigfrido, Jago, un perverso Amleto, uno schizzo del Mercante di Venezia e ottiene una storia epica.
Jamie Foxx recita per gran parte del film in primo piano e Tarantino è riuscito a concentrare nello sguardo del suo protagonista tutto un universo di emozioni. L'alternanza di fisicità e self control rendono il personaggio interessante e sfaccettato, teso, credibile.
Christoph Waltz si conferma un attore di prima grandezza: per tutto il tempo parla come un libro stampato, anche quando si rivolge ai bruti. Uno spasso. 
Leonardo di Caprio nella parte del villain è semplicemente perfetto e malgrado la mia antipatia nei suoi confronti non accenni a diminuire, ormai mi sono rassegnata al fatto che sia uno dei migliori interpreti della sua generazione.  
Sono gli sguardi i grandi protagonisti di questa vicenda; sguardi di paura, di odio, di scherno, di puro terrore. Sono sguardi che insistono o che sfuggono e ci vuole un grande regista per collezionarne di così efficaci in un solo film.
La colonna sonora va dal Dies Irae di Giuseppe Verdi a Beethoven e Morricone ed è bellissima.
La fotografia mette insieme candele e abbaglianti paesaggi, ombre e controluce. Bianco e nero.
La noia è completamente bandita per tutti i 165 minuti della proiezione e non si vede l'ora che giustizia sia fatta, possibilmente senza anestetici.
Gli anacronismi (la dinamite, gli occhiali da sole...) non danno nessun fastidio, anzi aggiungono mordente.

Tarantino ha influenzato gli ultimi vent'anni di cinema più di chiunque altro ma la sua lingua lunga gli ha impedito di raccogliere tutti i riconoscimenti che avrebbe meritato.
Mi auguro che stavolta le cose vadano diversamente.
E lobbies o non lobbies a Hollywood credo che Spielberg e il suo Lincoln (che però non ho ancora visto) abbiano scelto l'anno sbagliato. Azzardo una previsione così, sulla fiducia.

Questo film insieme ad Argo è la cosa più originale e ben realizzata del cinema 2012 a stelle e strisce.
Così parlò la Sibilla.

martedì 22 gennaio 2013

La Migliore Offerta

Geoffrey Rush


Premetto che Giuseppe Tornatore non è tra i miei registi preferiti. Anzi.
Se si esclude la struggente storia de La leggenda del pianista sull'oceano (ma lì c'era dietro Alessandro Baricco...) ho sempre trovato i suoi film un po' irritanti o decisamente stucchevoli.
Nuovo cinema Paradiso è datato già da anni e lasciamo perdere gemme come Malena con una Monica Bellucci di plastilina (che rovina totalmente un'idea interessante) o il mortifero Bagheria durante il quale mi sono addormentata. 
Quindi, quando persone assai fidate mi hanno detto di correre a vedere La migliore offerta ero assai perplessa. 
Devo fare ammenda: questo film mi è piaciuto moltissimo.
Pellicola riuscita a cominciare dagli attori, con un fantastico Jeoffrey Rush nella parte dell'iracondo protagonista per continuare con un mellifluo Donald Sutherland e una bellissima e brava attrice che non conoscevo; Sylvia Hoeks. 
La storia, che non può assolutamente essere svelata, tiene lo spettatore col fiato sospeso e con la paura di aver capito cosa sta succedendo. La fotografia e le luci sono perfette, da grande cineasta.
Tornatore indaga l'amore, la paura, l'inganno, l'innocenza, la colpa, il desiderio e costruisce un meccanismo ad orologeria che non perde un colpo.
Il percorso in apparenza salvifico dei protagonisti dove li porterà? Cosa sappiamo di chi abbiamo vicino? Cosa conta davvero, alla fine di tutto?
Nessuno è mai veramente innocente e il prezzo che si paga per la propria cupidigia è sempre la perdita della propria anima. Quando c'è. 
L'indeterminatezza che percorre gli ultimi dieci minuti è magistrale; oserei dire di hitchcockiana memoria.

Cloud Atlas

Doona Bae



Cloud Atlas è un film insolito. È complesso ma al contempo comprensibile, forse perché parla di sentimenti viscerali.
Non è da tutti intrecciare sei storie ambientate in altrettante epoche storiche, delle quali un paio inventate, senza affaticare lo spettatore.
I fratelli Wachowski riescono egregiamente nell'impresa, grazie ad un cast di attori e attrici camaleontici e ad un montaggio molto sapiente. 
Il fil rouge che lega tutti i personaggi è l'amore: per la libertà, per la giustizia, per un futuro che sia degno di essere vissuto, per una persona che c'è o che è scomparsa da tempo.
Lo spettatore vede un eterno presente che si riavvolge nelle vite e nei secoli e che sia reincarnazione, immortalità, magia, poco importa. Il risultato è un affresco coinvolgente e recitato benissimo.
I creatori di Matrix hanno dato vita a una favola sul legame che unisce tutte le creature, aldilà del tempo, dello spazio e della dimenticanza.
Uno dei personaggi più commoventi pronuncia una frase che suona come un testamento spirituale o un invito: «La nostra vita non è nostra, da grembo a tomba, siamo legati ad altri, passati e futuri, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro».
Tratto dal romanzo "L'Atlante delle nuvole" che ora andrò sicuramente a leggere, Cloud Atlas lascia allo spettatore la facoltà di riflettere e trarre conclusioni secondo la propria sensibilità e questo è uno dei doni più importanti  della settima arte.
Il fosco futuro dove il termine "umanità" è stato sostituito da un sinistro "unanimità" è una denuncia a un mondo che purtroppo già esiste.
Tutto il film ha un sottotesto che si può cogliere o scegliere di ignorare per concentrarsi sulla parte visiva, ricca di invenzioni e dal forte impatto estetico.
I 154 minuti scorrono senza un momento di tedio in virtù del passaggio continuo tra storia e storia, tra commedia e dramma.
La colonna sonora, lontana dalle sonorità americane a cui siamo abituati, è splendida.
Si esce dal cinema con un senso di speranza in non si sa bene cosa.

La Terra vista dalle stelle è così piccola e sperduta... 


domenica 20 gennaio 2013

Uomini da Evitare come il Botox (Parte I)



Quello che segue è un piccolo campionario di XY dai quali, a mio parere, assai lontano fuggir conviene. 
È implicito che alcune di queste categorie potrebbero essere molto allettanti per signore votate al martirio e in cerca di castigo per qualche delitto: nel caso sarà mia cura fornire, su richiesta, informazioni utili a rintracciare soggetti conformi.


Il modello Norman Bates
Ha quasi 50 anni e vive ancora con la mamma, non perché non possa permettersi di traslocare ma perché ha ancora il cordone ombelicale strettamente avvolto intorno al collo e non ha alcuna intenzione di tagliarlo: né per voi, né per nessun'altra.
Rinunciate a progetti di convivenza o matrimonio con siffatto soggetto, mai e poi mai reggereste il confronto con la Mamma. 
Spesso è subdolo e pur di rimorchiarvi finge indipendenza per un paio di mesi; quando voi siete cotte a puntino lui riavvolge la prolunga del cordone e da quel momento in poi ogni battaglia per strapparlo al nido sarà inutile. Non esiste vendetta soddisfacente, se non forse trovare alla Mamma un amante che la convinca a sbatterlo fuori di casa. 

Il Seduttore Seriale
Meno facile a individuarsi di quanto si creda, il seduttore seriale è quel tipo di maschio che ha trasformato il corteggiamento in un secondo lavoro.
I seriali si dividono in due grandi categorie: quelli che cercano la tacca a tutti i costi, si trattasse di sedurre una statua di cera di Madame Tussauds e quelli che hanno velleità estetiche e si concentrano sulle donne attraenti.
In entrambi i casi, studiano la vittima prima di passare all'attacco e con un istinto che consentirebbe loro di lavorare nelle alte sfere della finanza, individuano il tallone d'Achille della sfortunata e su quello costruiscono la strategia. 
Se sono belli puntano sulla vanità (altrui) se sono brutti puntano sulla simpatia (propria) e non falliscono quasi mai.
Alcuni sono insospettabili e a prima vista possono essere scambiati per vittime di un colpo di fulmine.
Vi danno la caccia per una settimana buona e puntano subito al weekend.
Una volta incisa la tacca sono capaci di sparire con la prontezza di Carl Lewis. 
Due cose li smascherano tutti: non vi chiamano mai per nome, è troppo alto il rischio di sbagliare e se al primo appuntamento chiudete gli occhi e poi chiedete loro di dirvi di che colore sono, sbagliano sempre.
Il solo modo per vendicarsi è metterli in contatto con l'omologo femminile: da quello finiscono annientati a ubriacarsi in fondo a un bar.

Il Vegano Integralista
Al primo appuntamento vi porta nel ristorante vegetariano più ortodosso della provincia e vi illustra le proprietà benefiche della cicoria amara.
La prima volta che viene a casa vostra e apre il frigorifero diventa pallido alla vista del prosciutto e vi dice che lui non può baciare una donna che mangia cadaveri.
Parla di cibo tutto il tempo (da bravo represso) esattamente come un monaco pensa al sesso tutto il giorno e ha quell'aria un po' depressa e un po' psicotica tipica di chi martirizza inutilmente corpo e spirito. 
Spesso pratica lo yoga e se gli proponete un weekend tra gastronomia e arte vi guarda con aria di compatimento e vi dice che lui nel fine settimana ha il corso di depurazione ayurveda con i cristalli.
Ovviamente fa sesso come se meditasse, incurante del fatto che nel frattempo voi vi siete addormentate.
Una vendetta possibile è quella di riempirgli il frigorifero di pesce mentre è via a fare uno stage di levitazione. Ovviamente non dimenticatevi di staccare la spina prima di uscire.

Il Bello Bello in modo Assurdo
Categoria spesso affine al seduttore seriale, il B.B.I.M.A. è una calamità a cui difficilmente ci si può sottrarre.
L'idea di essere la donna di un figo da paura è troppo allettante per chiunque e proprio su questo si basa il comportamento del soggetto. Lui sa che voi gli perdonerete le peggiori nefandezze solo per poter entrare in un luogo pubblico tenendolo per mano, mentre tutte le donne presenti lo spogliano con gli occhi.
La schiavitù indotta dalla bellezza è una catena robustissima ma sappiate che vi riempirà di corna peggio di un allevamento di alci e che è così innamorato di se stesso che mai lo potrà essere davvero di voi.
Se volete vendicarvi di un B.B.I.M.A. avete una sola possibilità: distruggere in qualche modo la sua bellezza. 
Non sarò io a suggerirvi strategie criminose... perlomeno non pubblicamente. 

Il Minchino 
Alcuni anni fa cinque colleghe e amiche che dividevano momentaneamente un appartamento si ritrovarono una sera a fare quattro chiacchiere davanti a un barile di tisana. 
La bevanda, acquistata poche ore prima in un'erboristeria, è composta di foglie di marijuana e rigorosamente priva, a detta del giovane gerente, del principio attivo (THC).
Inspiegabilmente, dopo un paio di tazze un'epidemia di ridarella contagia tutta la compagnia e la conversazione, che già non verteva sulla numismatica, prende una piega decisamente hard.
Di associazione in associazione si arriva alla vexata questio delle taglie e lì accade una cosa buffa: qualcuna chiede «ma voi, avete mai incontrato uno veramente minidotato?» 
«Io sì» risponde una «uno strazio assoluto, non sapevo come uscirne»
«O forse il problema è che lui non sapeva come entrarci»
E giù a ridere per cinque minuti.
«Insomma, dicci, com'era?»
«Piccolo e gommoso»
«No! Il peggio del peggio»
«E poi avete presente quel coloraccio di salsiccia andata a male?»
«Sì, ho presente, quelli che ti viene voglia di controllare la data di scadenza»
Dieci minuti di convulsioni con le lacrime.
«Sapete, se non fosse che è impossibile, direi che è lo stesso tizio»
«Alto così, con i capelli così e si chiama così?»
«È lui»
A quel punto una delle presenti smette di botto di ridere e riaffiora per un attimo dai fumi della tisana THC free.
«Non ci crederete mai...»
«ANCHE TU?»
L'interessata riesce solo a fare di sì con la testa prima che una tempesta di riso degna di Cent'anni di solitudine squassi l'appartamento.
Morale: le donne comunicano, quindi i gentiluomini che non possono vantare un curriculum impeccabile farebbero bene a fare avances solo a signore che non si conoscono tra loro.
(continua)






Padre Georg. Un Pavone in Vaticano

Padre George Gänswein


Padre Ralph de Bricassart è tornato!
Più in forma che mai, il sogno erotico di tutte le ragazzine degli anni '80 ammicca dalla copertina di Vanity Fair, sguardo sornione e ciuffo scompigliato.
Solo che il volto bello e impossibile, photoshoppato con discrezione, non è quello dell'attore Richard Chamberlain, bensì quello di Padre Georg Gänswein, segretario privato di Herr Ratzinger, nonché arcivescovo e prefetto della Casa Pontificia di fresca nomina.
Io ho studiato dalle suore per un numero di anni che preferisco non ricordare e uno dei mantra che hanno afflitto la mia adolescenza era che "la vanità è un peccato" e la bellezza, da cui la vanità inevitabilmente procede, va attenuata, compressa, mortificata onde non divenire strumento di tentazione e materiale utile al demonio.
Ora, io ho fatto una dannata fatica a liberarmi da questo e altri condizionamenti cattodeliranti e ritrovarmi l'eminenza grigia del Vaticano che afferma "essere bello non è peccato" mi fa venire voglia di intentare una causa per danni morali ed esistenziali alla Santa Romana Chiesa. 
Se ricordo bene, la Superbia è uno dei sette peccati capitali e nella scelta di un alto prelato di festeggiare l'investitura per mezzo del magazine più cool e radical chic del mercato editoriale, io di Superbia con la maiuscola ne vedo parecchia. 
Monsignore è, con ogni evidenza, una mente politica raffinatissima e perciò non ha ceduto alla volgarità di un'intervista: il pezzo di Andrea Tornielli è un sapiente collage di affermazioni indirette e rimembranze di passate conversazioni alla Radio Vaticana piuttosto che per il Süddeutsche Zeitung.
Il ritratto che emerge chiarissimo fra le righe pesate col bilancino è quello di un uomo dalla sconfinata ambizione che è riuscito a insediarsi alla destra del Padre, scalzando un altro agguerritissimo come Josef Clemens, che per vent'anni era stato a fianco del futuro papa.
Schön Georg ha creduto, a differenza del predecessore, nella possibilità che Ratzinger conquistasse il soglio e questo dimostra una lungimiranza non comune, la capacità di destreggiarsi tra gli intrighi di palazzo (Clemens non l'ha presa bene), la volontà ferrea di salire sempre più su nella piramide del potere.
Sinnlich Georg è il portone blindato che bisogna aprire per arrivare al pontefice, la sua influenza è praticamente senza limiti e neppure lo scandalo Vatileaks ha potuto scalfire il rapporto di assoluta fiducia che lega il pastore tedesco al suo bellissimo dobermann.
La nobiltà papalina di genere XX ovviamente lo adora ma Lui non si sbilancia. Nega l'esistenza di fidanzate in gioventù ma confessa «di avere sempre avuto un rapporto sereno e anche molto naturale con le donne» cosa questo voglia dire lo sa soltanto lui.
Circa i commenti al proprio aspetto fisico sehr heiß Georg sorride e protesta di «aver fatto finta di non sentire» e poi «di averci fatto l'abitudine con l'andare del tempo». Irritante quanto una top model che dica « in fondo io non mi sono mai vista bella, ho i piedi troppo lunghi».
Esattamente come il Padre Ralph di Uccelli di rovo viene chiamato a Roma dalla lontana Australia in virtù del patrimonio ereditato da una vegliarda vogliosa e perfida, così Georg trascorre pochissimo tempo nella natia Germania dopo l'ordinazione a sacerdote e fa il suo ingresso trionfale nei palazzi vaticani grazie alla propria bellezza e al proprio intelletto di prim'ordine; da quel momento l'ascesa diviene inarrestabile e vorrei pure vedere... anch'io vorrei un segretario con una faccia hollywoodiana, gran conversatore, che si tiene in perfetta forma facendo sport e che con l'abito talare è un figo mai visto! 
La lunga strada verso l'anello del pescatore è irta di difficoltà, di nemici, di battaglie durissime da combattere nel silenzio delle stanze vaticane ma voi non sareste disposti a scommettere su di lui? 





giovedì 17 gennaio 2013

L'Offensiva dei Libroidi

Anne Hathaway


Oggi ho letto per la prima volta una parola atroce che designa un oggetto ancora più atroce: il libroide.
Avevo sentito parlare di fattoidi e di mattoidi ma non ne avevo ricevuto lo stesso shock: forse perché i matti mi stanno spesso simpatici e i fatti sono diversi dai fattoidi solo in questo spicchio di galassia.
Poi ho pensato che invece, per venire assaliti dai libroidi e dalle loro irritanti copertine è sufficiente entrare in un megastore. 
Intere foreste giacciono inanimate, come se un genio maligno avesse deciso di spogliare il mondo dalla bellezza e avesse trasformato la voce gentile delle fronde in un silenzio gravido di sciocchezze.
Nelle nuove enormi librerie, dove i librai sono stati sostituiti dai commessi più istruiti sugli sconti che sulla letteratura, bisogna salire almeno due rampe di scale per sfuggire allo sguardo dei libroidi. Il pianterreno infatti è il regno delle benedette parodi cum frittata, delle marie de filippi col piede caprino e dei paolo nori con solo lui sa cosa.
Se si cerca un libro bisogna andare a scovare quell'unica copia nascosta in fondo allo scaffale e contenderla magari all'anziana signora che eroicamente è giunta fin lì.
Le vere librerie stanno agonizzando e lo dico col dolore di chi ha trascorso intere giornate della propria giovinezza in un'antica libreria antiquaria nella quale passavano i personaggi più incredibili. 
Il Professore che per decine di anni ne è stato l'amorevole proprietario e custode, e che ora non c'è più, era un uomo di cultura sterminata e con un senso dell'umorismo ineguagliabile.
I vecchi scaffali si piegavano sotto il peso dei volumi e l'odore della carta, dell'inchiostro e della pelle riempiva l'aria in ogni stagione. 
Fino a tempi molto recenti l'arredo non contemplava un computer o un fax e credo che il telefono grigio della Sip sia stato l'ultimo della città a essere sostituito.
Cosa c'è di più grato che entrare in un negozio e ritrovare anno dopo anno non dico gli stessi volti ma le stesse sedie, le stesse luci, la stessa porta sferragliante, lo stesso amore per il sapere? 
Non sono andata all'inaugurazione della nuova libreria Feltrinelli in città: mi hanno detto che era affollata di gente che sgomitava verso il buffet... ma quel pomeriggio mi sono chiesta cosa avrà pensato la signora Inge Feltrinelli, presente all'evento, di tutti quei volumi in technicolor. 
La matriarca avrà sentito l'urgenza di ritornare a casa per tuffare il naso dentro un rotolo di pergamena e disintossicarsi? 



martedì 15 gennaio 2013

Le Vergini Giurate del Kosovo

Vergine Giurata



Sulle montagne del Kosovo e nelle zone rurali dell'Albania settentrionale si è mantenuta fino ai giorni nostri una tradizione arcaica e innegabilmente barbara.
Burrneshë o vergine giurata è una donna che sceglie di diventare un uomo e non lo fa per motivi di identità sessuale, bensì per accedere allo status maschile che le garantisce diritti e privilegi che altrimenti le sarebbero negati. 
Una burrneshë, dal momento in cui si spoglia delle vesti femminili per indossare i pantaloni, diviene un uomo a tutti gli effetti e come tale può fumare, bere, portare una pistola, guidare, votare, sedere a tavola con gli altri uomini in stanze proibite alle donne di casa, ereditare beni, possedere denaro, comprare e vendere proprietà, lavorare i campi, andare in guerra.
In una parola: esistere. 
Per ottenere questo si taglia i capelli come un uomo, cambia il proprio nome, assume atteggiamenti mascolini e, qui arriva la fregatura, si mantiene vergine per tutta la vita.
È infatti la rinuncia ad una vita sessuale il pesantissimo prezzo che viene chiesto per non essere una proprietà degli uomini; per essere libera di pensare e di parlare.

In passato, la conversione poteva avvenire anche per salvare molte vite. Se una ragazza rifiutava un fidanzato, la famiglia di lui aveva il diritto/dovere di vendicare l'onta e così i due clan correvano il rischio di trovarsi coinvolti in una faida senza fine. Per scongiurare la strage bastava che la fanciulla riottosa rinunciasse per sempre alla propria femminilità. Facile, no?
Secoli di isolamento hanno permesso che l'usanza giungesse fino a noi, permettendoci di raccogliere le testimonianze delle ultime non donne che ancora vivono negli sperduti villaggi kosovari.

Mi è difficile immaginare le vite di queste coraggiose sventurate, disposte a fingere per decenni comportamenti e pensieri alieni alla loro natura pur di non essere schiave di mariti in tutto simili ai bruti.
Non penso neppure sia stato il mezzo per esternare un'omosessualità che i pesanti tabù dei clan non prendevano in considerazione, perché il sesso era loro negato.

Quali storture può apportare alla psiche una scelta di questo tipo? 
Cosa pensavano queste donne nel segreto delle loro stanze virginali?
Dopo trenta o quarant'anni a muoversi e parlare come uomini si saranno sentite tali?

La fatica del mondo pesa sulle spalle delle donne, perfino quando donne non sono più.






sabato 12 gennaio 2013

Mariangela Melato. Titoli di coda...


Mariangela Melato


Mariangela Melato non c'è più. Quello sguardo che lampeggiava dallo schermo, quelle mani di cui vedevi il fremito anche se sedevi nell'ultima fila a teatro, quella voce roca e inconfondibile, quell'accento di verità che permeava tutto il suo lavoro non ci sono più. O meglio, rivivono nel ricordo di chi l'ha vista recitare, di chi ha ascoltato quella voce carica di accenti e sfumature, che sapeva salire all'urlo e poi piegarsi in un sussurro di cui distinguevi ogni sillaba.
Mariangela Melato era una grande attrice tragica e una grande attrice brillante.
Sembra incredibile che la sua Medea potesse convivere con l'irresistibile bottana industriale socialdemocratica di «Travolti da un insolito destino...» eppure entrambi i registri erano perfetti.
Perfetti perché pieni di verità.
Mariangela Melato era bella di una bellezza insolita e imperfetta ma indiscutibile, nella quale lei credeva pochissimo. Sembra che Renzo Arbore, suo compagno di vita per molti anni, un giorno sul set le abbia detto: «E smettila con questa mania di voler essere la brutta intelligente a tutti i costi, mi dispiace per te, ma tu sei bellissima!»
Ma a lei la bellezza quasi non serviva, perché il temperamento e la personalità oscuravano il resto, come in un altro caso celebre: la perduta Monica Vitti.
La macchina da presa l'amava pazzamente e basta guardare uno dei suoi film per rendersene conto: non c'è un fotogramma in cui il volto non abbia una presenza forte e questo è il retaggio di chi, a teatro, deve arrivare fino all'ultimo strapuntino della galleria. Eppure non c'era nulla di caricato o enfatico in lei, che nei primi piani usava solo gli occhi come mezzo espressivo, consapevole del loro appeal. Aveva un sorriso largo e comunicativo ed è invecchiata con grazia ed eleganza, senza cedere alle seduzioni della chirurgia mostrificante.
Ha attraversato tutto il periodo magico del teatro e del cinema italiano, ha sposato cause umanitarie importanti e si è battuta per i diritti delle donne insieme a Tina Lagostena Bassi. 

Il XXI secolo si è aperto e continua con una serie di lutti nel mondo della cultura, della conoscenza, dell'arte e della ricerca della bellezza che ci lasciano più poveri e più soli.
Vittorio Gassman, tra il serio e l'ironico ebbe a dire:«Che farete senza di me?»
Effettivamente senza di lui, senza Mariangela Melato e Rita Levi Montalcini, solo per citare gli ultimi che hanno detto ça suffit, ce la caviamo peggio. Molto peggio.   

giovedì 10 gennaio 2013

La Vendetta è Servita




Ingredienti:
Cattiveria a pacchi
Vino bianco frizzante in tetrapak
Verdure per pinzimonio
Erba cipollina o aneto
6 Vol-au-vent
Due confezioni di cibo per gatti al gusto salmone
Maionese
Salsa Worcester
Brandy
Pepe nero


Preparazione:
Vuoi accordare il tuo perdono all'immeritevole XY di turno dopo un litigio che ti ha provocato un travaso di bile e nuociuto assai alla carnagione. Così lo inviti per un aperitivo a casa tua... 
Nell'attesa metti a rinfrescare il vino (per il quale non avrai investito più di 80 centesimi in un discount) 
Prepari il pinzimonio. 
Prendi il cibo per gatti e, trattenendo il respiro, lo unisci a una generosa quantità di maionese. Aggiungi il pepe, uno schizzo di brandy e una spruzzata di salsa Worcester.
Frulli il tutto con il minipimer.
Ora sistemi la crema ottenuta dentro ai vol-au-vent (che avrai leggermente scaldato nel forno) aiutandoti con una siringa da pasticciere usa e getta; spolverizzi con un po' di pepe nero ed erba cipollina tritata o ciuffetti di aneto. Versi il vino in una caraffa di cristallo e disponi i vol-au-vent su un vassoio. 
Se sei una grande attrice puoi perfino accendere le candele profumate...
Tu disgraziatamente sei a dieta e puoi mangiare solo le verdure in pinzimonio annaffiate dall'acqua ma nulla ti impedisce di goderti la sua espressione soddisfatta dallo spuntino a sorpresa.

martedì 8 gennaio 2013

Il Tradimento di Nigella Lawson

Nigella Lawson


L'impensabile è accaduto. 
Nigella Lawson, la bellissima donna che guardavamo con un piacere estatico mentre ancheggiava tra i fornelli e preparava piatti oltraggiosamente ipercalorici, così sorridente fiera e felice della sua taglia 50, è incredibilmente dimagrita fino a una taglia 44.
Per lanciare il suo nuovo libro di ricette ispirate all'Italia Nigellissima, la signora ha deciso di allinearsi ai canoni di bellezza odierni e ha seguito non so quale dieta che l'ha portata a ritirarsi come un maglione di cachemire lavato a 90º.
Guardando le foto scattate per la copertina, lady Lawson ci appare plastificata (spero solo da photoshop e non dal botox) e scavata, priva delle guance rotonde e delle curve che ne avevano fatto l'icona sexy della cucina degli ultimi anni.
Ci avevano provato altre sciure, meneghine e non, a seguire il suo esempio (una per tutte, l'insopportabile Antonella Clerici) ma burrosità e fascino non necessariamente convivono e la bionda nostrana riusciva solo a sembrare una garrula palla di lardo. 
Ma Nigella no! 
Chi non ha desiderato almeno una volta seguire il suo esempio e aprire il frigorifero all'una di notte per farsi uno spuntino con pane e salame? (Io un paio di volte ci ho aggiunto anche la maionese, tanto per non sembrare avara).
Chi non avrebbe voluto essere invitata a cena da lei per gustare qualcuna delle sue pietanze piene di burro e pancetta e roast beef e cioccolata e altre calamità trigliceridiche?
Ovviamente questo discorso non è rivolto ai tristi vegani che possono tranquillamente passare oltre e andare a farsi una tazza di miglio integrale. Altrove.
Ci ha mentito Nigella, ecco la cosa grave. 
Ci ha passato per anni il messaggio che il suo corpo le andava benissimo così, che non c'era niente di sbagliato nel non essere una taglia 40, che se sei magra di natura ok ma se per restarlo devi patire la fame allora il gioco non vale la candela e adesso? I guru del marketing ti dicono che se vuoi vendere devi essere spigolosa, che i salutisti spendono più dei golosi e tu, anziché fare un bel salame (con la maionese se occorre) chini il capo e rispondi Yes, sir?
Che delusione, che perdita... Cosa ci dirai adesso? Che i finocchi bolliti sono meglio dei cupcakes? Che la carne rossa favorisce l'insorgenza dei tumori mentre il tofu protegge dall'infarto? Rinnegherai tutto il tuo passato culinario? Anziché un frigorifero colmo di formaggi francesi, crème fraîche, champagne e arrosto di cervo ci mostrerai insalata e soia? 
Spero solo che la tua sia una follia momentanea e che tu non abbia veramente deciso di assomigliare a tutte le altre, a tutte le tristi donne perennemente in lotta con la bilancia che non riescono a ridere e a dire un bel «vaffa» a chi le incontra e malignamente dice "ti trovo un po' ingrassata".
Ma lo so che succederà... Una notte ti alzerai dal letto e andrai a prepararti un french toast. Doppio. Con gelatina di lamponi e panna acida. Poi tornerai a dormire il sonno dei giusti.
And fuck the diet! 

La Regola del Silenzio

Robert Redford


Robert Redford ha 75 anni e non ha perso un'oncia del fascino leggendario con il quale ha inondato lo schermo negli ultimi cinquant'anni.
Nel 2011, durante un seminario di Yahoo a Cannes, qualcuno gli chiese quale fosse il suo segreto per continuare a sembrare un eterno ragazzo. La candida risposta fu la seguente:
"Mi mantengo in forma facendo del buon sesso. Per una buona storia da raccontare ed una vita vissuta come si deve, il sesso è fondamentale".

Onde non dover accusare l'universo di essere ingiusto io spero che sia una boutade...

In mezzo secolo di carriera Redford ha dimostrato di essere non solo un uomo di ultraterrena bellezza ma un attore di razza, un regista capace, un uomo impegnato nelle battaglie per i diritti civili e un talent scout con un gran fiuto (dal Sundance Festival sono usciti nomi come Tarantino, Nolan e Aronofsky).
Io che lo idolatro da quando avevo dodici anni e che venivo sbertucciata dalle mie amiche che sbavavano per Miguel Bosè, non sono forse un giudice imparziale ma ho sempre pensato che fosse un mostro sacro e il tempo credo lo abbia dimostrato.
La regola del silenzio, solita traduzione a casaccio dall'originale The company you keep è un film che si avvale di un cast che solo lui poteva mettere insieme: si va dall'inossidabile Susan Sarandon a Stanley Tucci, da una malinconica Julie Christie all'odioso ma bravo Shia LaBeouf, da Sam Elliott a un torrefatto Nick Nolte, passando per Terrence Howard e Jackie Evancho. 
Tutti bravissimi e molto in parte in questo thriller teso e antiamericano che prende le mosse da un episodio degli anni '70, (quelli della contestazione alla guerra in Vietnam e alla politica estera nordamericana), per dipanarsi ai giorni nostri.
Il protagonista, un avvocato vedovo e padre di una bambina, dovrà fuggire attraverso tutti gli Stati Uniti, per poter ristabilire una verità ignorata e distorta per trent'anni.
A mettere in moto la caccia all'uomo, un giornalista giovane e molto ambizioso, LeBeouf appunto, deciso a non mollare l'osso pur di procurarsi un posto al sole nel mondo della carta stampata e che non si guadagna le simpatie del pubblico... (spiace dirlo ma Bob Woodward e Carl Bernstein in Tutti gli uomini del Presidente erano un'altra cosa).

So che non aggiunge nulla alla trama o al valore del film ma mi si permetta di rendere omaggio a un uomo che a 75 anni compiuti, inseguito dall'FBI, corre in salita negli scoscesi boschi dell'Upper Peninsula e lo fa per permettere alla donna che ha sempre amato di poter sfuggire alla cattura. L'eroe romantico de La mia Africa e A piedi nudi nel parco non ci delude mai... 

















La Parte degli Angeli

La parte degli angeli.

Il regista Ken Loach ci regala un altro dei suoi momenti di riflessione sulla condizione umana e lo fa con indiscutibile maestria.
La parte degli angeli è un film che mescola perfettamente il dramma, la commedia e la speranza come se fossero l'acqua, l'orzo e il lievito di cui è composto il whisky.

All'inizio i personaggi che si muovono nella Glasgow proletaria sono brutti, sporchi e cattivi e si fatica a credere che l'atmosfera plumbea possa lasciare spazio alla commedia, ma è proprio allora che si comincia a sorridere e poi a ridere di gusto.
Paul Brannigan (un attore alla sua prima esperienza che per questa interpretazione si è meritatamente portato a casa un BAFTA Scotland Award) è Robbie, lo sbandato condannato ai lavori socialmente utili che decide di emendarsi a modo suo: cioè mettendo a segno un furto ingegnoso insieme a tre emarginati come lui.
Il quartetto di ladri in kilt a spasso per le Highlands è esilarante e non si può che fare il tifo per loro.

Loach crede fermamente nelle possibilità di rinascita dell'essere umano, ci lascia intuire che i figli cambiano le prospettive e curiosamente usa un vizio, l'alcool, per riscattare delle giovani vite apparentemente avviate sulla via della perdizione.

Ma davvero mister Loach, lei crede negli angeli? 

Grazie signora Levi Montalcini

Rita Levi Montalcini

L'Italia e il mondo intero hanno perso una donna formidabile, una vera signora e una scienziata di altissimo rango.
La signora Rita Levi Montalcini ha percorso il ventesimo secolo a passo di marcia, imponendosi nella roccaforte maschile della ricerca scientifica grazie alla tenacia, alla lucidità e al rigore.
I risultati che l'hanno portata ad aggiudicarsi il Premio Nobel per la medicina li ha tenacemente perseguiti all'estero, per la precisione negli Stati Uniti, terra che da sempre offre  grandi opportunità ai cervelli in fuga. 
La sua biografia è nota, soprattutto adesso che i giornali le hanno dedicato pagine e pagine (i coccodrilli sono sempre molto esaustivi) ma nei decenni in cui era chiusa nel suo laboratorio, a sperimentare su se stessa le sue scoperte, pochi ne parlavano. 
Schiva e interamente dedita alla ricerca non ha mai reciso i legami con il suo Paese, anche se le persecuzioni antisemite prima e le vergognose affermazioni di loschi figuri come Storace e Grillo poi, avrebbero potuto allontanarla per sempre. 
Si è battuta perché la ricerca e i ricercatori italiani potessero avere una dignità, ha proposto un modello di femminilità controcorrente, ha risposto agli insulti con una eleganza imperturbabile.
Ha lavorato fino all'ultimo per cause umanitarie in tutto il mondo.
Il suo stile di vita, mai esibito, dovrebbe essere un esempio per tutte le adolescenti e le giovani donne che cercano il loro posto nel mondo.
Nell'aprile del 2012, in occasione di un convegno che le era stato dedicato dal Comitato Bologna Sanità e Conoscenza e al quale non aveva potuto partecipare, aveva inviato questo messaggio di ringraziamento.

«Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella "zona grigia" in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva.
Bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.
Ho perso un po' la vista, molto l'udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent'anni.
Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente.
Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita.
Sono enormemente grata.»

Anche noi signora le siamo enormemente grati, perché se un giorno malattie come il morbo di Alzheimer si potranno curare sarà anche grazie alle sue notti insonni e al suo impegno instancabile.
Faremo finta che lei si sia finalmente presa una lunga, meritata vacanza.