sabato 8 dicembre 2012

La Traviata, Ozpetek e la Regia Invisibile

Richard Gere e Julia Roberts 


Il Teatro San Carlo di Napoli ha aperto la stagione con l'opera verdiana per eccellenza: La Traviata.
Ne ha affidato la conduzione al maestro Michele Mariotti e la regia a Ferzan Ozpetek.
Interpreti principali: il soprano Carmen Giannattasio, il tenore Saimir Pirgu, il baritono Vladimir Stoyanov.
Le scene sono del premio Oscar Dante Ferretti e i costumi  sono di Alessandro Lai.
Sulla carta è uno spettacolo di alto livello e ad alto budget, considerate le professionalità coinvolte, ma le promesse spesso non vengono mantenute, neppure se pagate care.
Lo spettacolo, in diretta Euroradio e previsto per le 20.30, comincia con venti minuti abbondanti di ritardo e io posso solo immaginare i pensieri malevoli dei commentatori tedeschi, austriaci o svedesi rivolti alla puntualità dei teatri italiani...

Ho seguito la prima sul canale Classica della piattaforma Sky e quello che posso dire è che Dante Ferretti si merita tutti i riconoscimenti avuti nella sua lunga carriera. Le sue  stanze dannunziane (l'azione è stata spostata nel 1910) sono splendide. I broccati purpurei, l'oro, il magenta, i drappeggi preziosi, tutto si rifà alla passione per l'esotismo della Parigi di inizio secolo.
Ferretti lavora per sottrazione, dall'opulenza mortifera del primo atto via via fino alla spoliazione totale. Violetta muore sopra un letto circondato dal deserto e dai fantasmi della sua breve vita disgraziata.
Saimir Pirgu è un Alfredo giovane, avvenente, con una bella voce dai colori caldi e dal timbro squillante, che si dimostra scenicamente molto credibile e aderente al personaggio del giovin signore debosciato. Canta con convinzione e le inquadrature ravvicinate ce lo mostrano prima timido, poi sfrontato e felice e furibondo e infine addolorato.
Vladimir Stoyanov si conferma come il Giorgio Germont migliore ascoltato in questi anni. Crudele e misurato prima, evidentemente pentito nell'epilogo della tragedia. La voce ha un  bellissimo colore brunito ed è perfettamente appoggiata. La linea di canto è morbidissima. La dizione è impeccabile. I suoni smorzati e rotondi dell'aria Di Provenza sono commoventi e assai condivisibile è la scelta del direttore di aprire il taglio per eseguire sia la seconda strofa che la cabaletta.
E qui purtroppo finiscono i pregi della produzione.

Ferzan Ozpetek è il regista cinematografico prestato al teatro più evanescente e meno invasivo che si possa immaginare, nel senso che se voi prendete tre cantanti che abbiano già debuttato il ruolo e li lasciate fare a modo loro, il risultato ottenuto sarà più o meno lo stesso. Su quel palco non succede nulla che non si sia già visto e rivisto in altre produzioni: la scollatura di Violetta strappata da un iracondo Alfredo durante la festa a casa di Flora e i soldi gettati a pioggia sull'infelice cortigiana caduta a terra, l'accesso di tosse che insanguina la protagonista e il suo candido giaciglio nell'ultimo atto, gli andirivieni da film muto durante il dialogo con Germont padre... Dove sono le idee, sicuramente pagate a peso d'oro, di Ozpetek? Luchino Visconti aveva a disposizione la Callas, lo so, ma questa non è una buona scusa ed evocare improbabili collegamenti tra Verdi e Proust non è sufficiente a nascondere la mancanza di un vero progetto di regia.
Il Maestro Mariotti non "tiene" il palco. L'entrata del coro su Dell'invito trascorsa è già l'ora... è in evidente ritardo e indietro resterà per tutta la scena iniziale.
Il colore orchestrale vira verso la routine e nessuno spasimo, nessun rischio interpretativo vengono ad interrompere la noia dell'esecuzione. L'ingresso del direttore per il secondo atto viene buato sonoramente a dispetto della claque. Un compitino che merita dal 6/7 perché a Natale sono dolce e morbida come il torrone.
E veniamo al ruolo del titolo.
Carmen Giannattasio è una cantante che si sta facendo notare, anche perché non brilla per modestia. Durante un'intervista nei giorni precedenti il debutto, parlando del proprio ruolo ha affermato di non averlo mai ascoltato cantato da altre per non influenzare la propria interpretazione. Maddai! Se è vero siamo davanti ad una spocchiosa che crede di non avere niente da imparare dalle grandi cantanti che l'hanno preceduta, senza contare che dire una cosa del genere prima della prima significa andare a svegliare dal letargo millenario gli dèi della sfiga al gran completo. E infatti...
La signora Giannattasio si limita a cantare, con lo sguardo incollato al direttore, senza muovere un muscolo facciale per gran parte dell'opera. Dove sono i palpiti dell'innamoramento, lo strazio del sacrificio, l'umiliazione pubblica, la consapevolezza della morte imminente, la breve gioia che precede la fine? Le movenze sono quelle di una matrona, non quelle di una fanciulla di appena vent'anni. Lo sguardo è quello concentrato della cantante. Il personaggio non c'è.
La voce è quella di un lirico piuttosto scuro ed è sicuramente più adatta ad altri ruoli. Il da capo del Sempre libera viene eseguito ad un tempo sensibilmente più lento (per permetterle di sgranare le agilità?) e il mi bemolle della chiusa, troncato di netto, dice molto sulla vera natura della voce. 
Se la signora si fosse presa il disturbo di ascoltare una certa Maria Callas saprebbe come affrontare certe tessiture, ma purtroppo preferisce far da sé e il risultato non è all'altezza di tanta sicumera.
Il physique du rôle è quello di Santuzza e i costumi ampi, pur bellissimi, non contribuiscono a regalarle una silhouette emaciata. Insomma, questa Violetta scoppia letteralmente di salute e non fa nulla per nasconderlo.
Alla chiusura del sipario gli applausi sono tiepidi; vengono premiati giustamente i due Germont, per tutti gli altri un'uscita veloce con il pubblico già pronto per andare a cena, nonostante le luci in sala ancora spente.
A beneficio delle telecamere della ripresa audio video, grandi inchini e grandi sorrisi. 
Gli applausi scroscianti si possono aggiungere in sede di montaggio.

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