giovedì 17 gennaio 2013

L'Offensiva dei Libroidi

Anne Hathaway


Oggi ho letto per la prima volta una parola atroce che designa un oggetto ancora più atroce: il libroide.
Avevo sentito parlare di fattoidi e di mattoidi ma non ne avevo ricevuto lo stesso shock: forse perché i matti mi stanno spesso simpatici e i fatti sono diversi dai fattoidi solo in questo spicchio di galassia.
Poi ho pensato che invece, per venire assaliti dai libroidi e dalle loro irritanti copertine è sufficiente entrare in un megastore. 
Intere foreste giacciono inanimate, come se un genio maligno avesse deciso di spogliare il mondo dalla bellezza e avesse trasformato la voce gentile delle fronde in un silenzio gravido di sciocchezze.
Nelle nuove enormi librerie, dove i librai sono stati sostituiti dai commessi più istruiti sugli sconti che sulla letteratura, bisogna salire almeno due rampe di scale per sfuggire allo sguardo dei libroidi. Il pianterreno infatti è il regno delle benedette parodi cum frittata, delle marie de filippi col piede caprino e dei paolo nori con solo lui sa cosa.
Se si cerca un libro bisogna andare a scovare quell'unica copia nascosta in fondo allo scaffale e contenderla magari all'anziana signora che eroicamente è giunta fin lì.
Le vere librerie stanno agonizzando e lo dico col dolore di chi ha trascorso intere giornate della propria giovinezza in un'antica libreria antiquaria nella quale passavano i personaggi più incredibili. 
Il Professore che per decine di anni ne è stato l'amorevole proprietario e custode, e che ora non c'è più, era un uomo di cultura sterminata e con un senso dell'umorismo ineguagliabile.
I vecchi scaffali si piegavano sotto il peso dei volumi e l'odore della carta, dell'inchiostro e della pelle riempiva l'aria in ogni stagione. 
Fino a tempi molto recenti l'arredo non contemplava un computer o un fax e credo che il telefono grigio della Sip sia stato l'ultimo della città a essere sostituito.
Cosa c'è di più grato che entrare in un negozio e ritrovare anno dopo anno non dico gli stessi volti ma le stesse sedie, le stesse luci, la stessa porta sferragliante, lo stesso amore per il sapere? 
Non sono andata all'inaugurazione della nuova libreria Feltrinelli in città: mi hanno detto che era affollata di gente che sgomitava verso il buffet... ma quel pomeriggio mi sono chiesta cosa avrà pensato la signora Inge Feltrinelli, presente all'evento, di tutti quei volumi in technicolor. 
La matriarca avrà sentito l'urgenza di ritornare a casa per tuffare il naso dentro un rotolo di pergamena e disintossicarsi? 



1 commento:

  1. Ciò che mi spaventa di più di questa attuale dimensione del mercato editoriale non è il pianterreno invaso di copertine "fosforescenti", con i volti noti della TV, in mezzo a commessi senza cultura (d'altronde quale cultura è possibile in mezzo a tali prodotti?), ciò che mi spaventa sono un'altro tipo di "libroidi" (o di libri senz'anima), quelli che si trovano anche in un angolo due rampe di scale più in alto. Magari ci fossero solo i libri per la massa da una parte e i libri "veri" dall'altra, basterebbe andare due piani più su. Invece anche la saggistica, e anche quella che si spaccia per colta e specialistica, è invasa dal ciarpame di libri copia-e-incolla, che non dicono niente, e riportano, mettendole insieme, solo una serie di opionioni altrui. Sono come una specie di "derivati", che riempiono il mercato fino a saturarlo, sottraendo lo spazio vitale ai libri veri, quelli basati sulle idee. Quasta invasione degli "ultra-libri" crea un processo di eutrofizzazione, perché, essendo molto facili da scrivere (vengono scritti per lo più da neolaureati che cercano di fare carriera accademica) ed essendo spesso pubblicati a pagamento, si spandono con velocità sorprendente e si insinuano in ogni casa editrice. Come fare per liberarsi da questa forma di inquinamento? La cultura morirà soffocata dal culturame?

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