mercoledì 13 febbraio 2013

Eva contro Eva - All about Eve -





Nel 1950 il regista Joseph L. Mankiewicz scrisse e diresse un film destinato a entrare nella storia del cinema per molti motivi.
Il racconto The Wisdom of Eve scritto nel 1946 da Mary Orr parla di donne. Anzi, no. Parla di attrici, che è cosa differente.
Ambientato nel cinico e scintillante ambiente di Broadway All about Eve è un gioiello del cinema in bianco e nero, diretto e fotografato con perfetta maestria.

Bette Davis, Anne Baxter, Celeste Holm, Thelma Ritter e George Sanders furono tutti candidati all'Oscar per i rispettivi ruoli. Il film collezionò ben 14 nomination (record imbattuto fino all'avvento di Titanic ben quarantasette anni dopo) e si aggiudicò 6 statuette, tra cui quella per il miglior film. Dei cinque attori Sanders fu l'unico a portarsi a casa il premio e pare che all'epoca la Davis non l'avesse presa bene.

La vicenda è semplice e potremmo dire circolare: io faccio le scarpe a te e poi arriva qualcuna che le fa a me, fino alla fine dei tempi...

Margo Channing (Bette Davis) è l'indiscussa regina delle commedie di Broadway e ha un fidanzato molto innamorato di lei, nonostante la signora sia un articolo di difficile (di)gestione.
Affascinante, acclamata, viziata e abituata a comandare, Margo ha però la debolezza comune a tutti gli artisti: davanti all'adulazione ben dissimulata, soccombe.
È facendo leva su questo che Eva Harrington (una odiosa Anne Baxter) riesce a insinuarsi nella vita di Margo. Assunta come segretaria grazie al carattere apparentemente mite e fragile, Eva nasconde la sua sfrenata ambizione di attrice fino a quando non le si presenta l'occasione per soffiare un ruolo alla Channing. A quel punto mira a prendersi anche Bill Sampson (Gary Merrill) il fidanzato di Margo, il quale fortunatamente non si lascia incantare e anzi la respinge con durezza.
Dietro a tutti questi personaggi siede Addison DeWitt, (un sulfureo George Sanders) critico teatrale con potere di vita o di morte su chiunque calchi un palcoscenico a New York. Cinico e calcolatore proprio come Eva, DeWitt osserva con occhio divertito le contorsioni del quartetto e, come un moderno deus ex machina, muove con discrezione le pedine sulla scacchiera in bianco e nero del racconto.

In una famosa sequenza, dai dialoghi taglienti come rasoi, giunge inaspettata una giovane attrice quasi sconosciuta, certa Marilyn Monroe, luminosa e svampita come solo lei sapeva essere. Sta in scena due minuti scarsi, ma non puoi più dimenticarla.

Celeste Holm e Thelma Ritter, nei ruoli rispettivamente di amica e assistente di Margo, sono perfette, con tempi teatrali da vecchia scuola.

Di Bette Davis che dire? Nella parte più o meno di se stessa offre un'interpretazione gigantesca. Gli sguardi che indirizza al resto del cast potrebbero bastare per un film senza sonoro, l'intonazione della sua prosa è priva di enfasi e molto moderna (nel doppiaggio italiano invece il birignao si fa sentire), il suo incedere a scatti, come preda di una tensione perenne, ce la rende umana e simpatica nonostante le asprezze del carattere e se proprio avessi dovuto rapinarle l'Oscar lo avrei dato a Gloria Swanson per Sunset Boulevard, non certo a Judy Holliday per Born Yesterday.
Ben diverso è il sentimento che si prova nei confronti della melliflua Eva e del suo strisciare intorno a Margo. La Baxter è bravissima a farsi odiare e ogni volta che rivedo il film provo lo stesso desiderio di strozzarla.
Ma ci penserà il tempo a vendicare Margo; per Eva, ora preda delle debolezze di una diva, la serpe infreddolita è proprio dietro l'angolo.

  

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