martedì 12 febbraio 2013

Quartet

Maggie Smith e Dustin Hoffman



Dustin Hoffman esordisce dietro la macchina da presa alla tenera età di 76 anni e poiché ha lavorato con alcuni dei più grandi registi di sempre ed è un ragazzo sveglio, il risultato della sua opera prima è lodevole.
In genere i film sulla decrepitezza o sono malinconici o sfociano nella comicità di grana grossa.
Questo piccolo film invece, grazie alla massiccia presenza di attori inglesi, è elegantissimo.
Basta a dimostrarlo la battuta di una magnifica Maggie Smith: «Sto per dirti qualcosa di molto sgarbato. Vaffanculo» che non riesce assolutamente ad essere volgare ma solo esilarante.
La storia è ambientata in una casa di riposo per musicisti, in realtà una meravigliosa villa immersa nella campagna inglese, nella quale mi trasferirei volentieri anch'io al massimo fra dieci anni...
Nel buen retiro fatto di saloni e boiserie si sta preparando l'annuale concerto per commemorare il compleanno di Giuseppe Verdi, quando l'arrivo di una diva della lirica, Maggie Smith per l'appunto, porta fermento e scompiglio tra gli ospiti...

Hoffman ha riunito autentici musicisti (con tutti i loro tic e le loro piccole manie) e li ha lasciati lavorare.
Il risultato è uno squarcio pieno di autenticità su un mondo poco indagato e molto divertente quale il teatro in effetti è. 
La presenza di una vera signora del palcoscenico come Dame Gwyneth Jones, acidissima con tutte le colleghe vive o defunte, è un colpo di genio. Giurerei che non le abbiano neppure dato un copione e le abbiano detto di esprimersi liberamente... 
Tom Courtenay, Pauline Collins, Michael Gambon e Maggie Smith sono un quartetto formidabile, attorniati da coprotagonisti brillanti.
I dialoghi sono made in England, sempre venati di ironia e leggerezza, anche quando trattano di Alzheimer e prostatite.
Le sequenze delle prove per il concerto sono bellissime e chiunque abbia calcato le scene riconoscerà le dinamiche proprie di questo lavoro.
La colonna sonora è tutta giocata su famose arie verdiane e su standard jazz, suonati e cantati dagli stessi attori.

Dustin Hoffman dimostra di avere l'intelligenza propria dei registi di una volta alle prese con i grandi attori: si sedevano sulla loro sedia e dicevano «Ciak! Motore! Azione!» e poi stavano zitti fino alla conferenza stampa. 

2 commenti:

  1. Mi hai convinto, andrò a vederlo! Vediamo se stavolta funziona, le altre volte non ho fatto "commenta come"

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  2. Mi viene voglia di vedere il film. Si vede che di teatro lirico te ne intendi. Da caporedattore, se non ci fosse la crisi dell'editoria, cercherei di farti assumere. D.H. Non poteva deluderci. E' dai tempi del laureato che gli vogliamo bene.
    Luigi Alfieri

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